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Qualche giorno fa ricevo una telefonata. Un assicuratore Ina ha ricevuto il mio numero per propormi una gentile offerta. Naturalmente non comodamente telefonica come fa la Telecom ma previo appuntamento all’ufficio dell’Assicurazione.
Vado per curiosità e per fare un’opera buona (chi può capire capisca), e mentre cammino ipotizzando il colloquio, sicuramente a colei che ha dato il mio numero all’assicuratore (che il Signore l’abbia in gloria) stanno fischiando le orecchie.
Entro in un ufficio cui dietro il tavolo troneggia un maxischermo al plasma che tiene quasi tutta la parete. L’assicuratore davanti a me assume il contorno di una “signorina buonasera” con la cravatta rosa a strisce e un sorriso a 32 denti. Per un attimo ho l’impressione di essere entrato per sbaglio nella sala provini per la pubblicità di un dentifricio.
Ma la cartella sul tavolo, piena di tabelle e grafici mi riporta al vero motivo per cui mi trovo lì. Il tipo leggermente insicuro (chissà perché poi.. io non ho mai messo granchè in soggezione chicchessia) inizia a farmi alcune domande “Quando pensa di andare in pensione?” Ci sono domande che riescono a spiazzarti anche quando ti sei preparato la risposta da tutta la mattina. “Ehm, se tutto va come deve andare a circa 65 anni”. Dopo di che un pensiero ti sfiora le meningi di diritto… se mai ci arrivi a 65 anni… . “che sarebbero tra circa 35 anni per lei”. D’un tratto colpo lo sguardo assente torna incerto agli occhi del mio originale interlocutore con solo un velo di imbarazzo per le mani che di colpo sono riaffiorate sul tavolo dopo essere inconsapevolmente scivolate poco sotto la patta dei pantaloni. “ehm certo”. E’ fatta. La conversazione è avviata. La lezione cominciata. Non faccio altro che annuire di quando in quando alle supposizioni sul mio futuro già visto in controluce da chissà qualche calcolatore. A 65 anni la mia pensione avrà il potere di acquisto di circa 500 euro. Naturalmente non potrà essere sufficiente al mantenimento. Sempre che non vada ad abitare in Congo. Non si può mai dire. Il coefficiente del governo nello stabilire le pensioni diminuirà regolarmente nei prossimi anni. Sempre che non succeda un boom economico. Questo è forse meno probabile della mia fuga in Congo. Ma andiamo avanti. Per correre ai ripari sarebbe bene cerarsi una pensione integrativa (ma erogata da chi? Dalla banca o dall’assicurazione?) per arrotondare la pensione. Eccolo arrivato al punto. Quando butta lì la cosa, dopo un discorso di mezz’ora dalla logica di ferro, ha lo sguardo basso e il tono di chi adolescente ti proponeva di adocchiare un giornaletto pornografico. Questa volta a essere spiazzato è lui. “A che pro?” come se fosse la cosa più normale di questo mondo che un pensionato non avendo più grosse spese da fare se ne vada in giro a spendere e spandere in divertimenti e gozzoviglie. “Lei non vede le cose nel modo realistico. Non si tratta di surplus. Parliamo solo di sopravvivenza”. Concesso. La vedo tragica. Dimenticavo le spese per la dentiera e il catetere. Però ancora non vedo ancora la motivazione che vada al di là dei meri miei interessi personali. Uno straccio di welfare esisterà ancora nel 2040, o no? per il mio nuovo amico sono troppo ottimista. Anche se io non posso fare a meno di leggere nei suoi occhi un ottimismo uguale e contrario riguardo la sopravvivenza dell’Ina. Fortunatamente noi non siamo in America. Che strano… mio padre pensava all’America in modo molto diverso da come io la penso oggi. Mio padre in America non c’è mai stato. Mio cugino si. Faceva l’ambasciatore in Francia per gli Usa. Ora che lui è in pensione in America non ci va più. “Sai - mi spiega in francese fluente ma con il tono saggio di chi ti mette in guardia dai troll in agguato - laggiù ci sono le Assicurazioni”. Non posso fare a meno di pensare a un animale strano con tanti tentacoli. Nel paese più libero del mondo si può morire di un’appendicite se non hai una assicurazione o peggio se ce l’hai ma non hai i soldi per mantenerla. Il figlio di mio cugino, che vive a Los Angeles, si è fatto furbo. Si è aperto una clinica privata. Tutto sommato si, credo che potrò forse andarlo a trovare pur con un misero E111.
“Dunque! Ad oggi quanto è disposto ad accantonare dei suoi introiti mensili?”. La cravatta rosa della mia signorina buonasera torna a fuoco. Cavoli, mi ero perso sognando la California. “Accantonare? Ma io non ho proprio niente da accantonare né oggi ne mai”. Mi sento scandalizzato. D’altra parte uno che ti propone un porno sotto banco… certe cose si sa, sono meglio dal vivo! Punto sul vivo come se mi avesse invitato a spogliarmi (che in un certo senso….) inizio il mio sermone. Tocca a lui ascoltare le mie invettive sull’America, sulle assicurazioni e sulle proposte che nulla hanno a che vedere con la storia del nostro paese. Che Dio abbia a cuore gli italiani. Li amo soprattutto per la loro arte di arrangiarsi. Sul fatto che a differenza degli efficientissimi nordici, non lasciano nessuno senza un piatto di minestra o una pizza. Naturalmente poi le cortesie vanno ricambiate, però….
E poi l’affondo: “come fa a farmi una proposta simile nella città che ha visto nascere le società di mutuo soccorso? La mutua l’hanno inventata i pinerolesi. La mutua: attenzione al sociale non al singolo” Mi spingo persino, ma in quel momento ho sentito le gengive restringersi, a citare Mussolini “che ha rubato l’idea della mutua per darla a tutti gli italiani”. Un brivido mi corre lungo la schiena ma tant’è: ormai è fatta e in fondo è per una buona causa. A quel punto il bravo venditore torna in se con un sorriso sornione. Leggo dietro la sua fronte un misto di rabbia e di pietà nei confronti della sua preda mancata. Si consola pensando “è un sognatore”. Si lo so. E so anche che la sua stoccata finale ha una reale possibilità di essere: a 65 anni, se mai ci arriverò, (altra toccatina fugace) rischierò di pesare sulle spalle dei giovani eventuali miei figli o al limite di mio figlioccio che a 13 anni si dimostra più oculato (tirchio?) di me e si fa dare i soldi del pop corn al cinema ma poi non li compra e li mette da parte. (La prossima volta, però, il biglietto se lo paga da solo!). Il rischio è reale e se voglio pensare seriamente al futuro non posso non prenderlo in considerazione. Non voglio essere un peso nella mia vecchiaia. Ma allo stesso tempo se metto quella firma, quei cento euro minimi da parte ogni mese, sono sicuro che non peserò (sicuro sicuro?), ma quanto peserà sulla mia coscienza la consapevolezza di aver distrutto gli ideali dei miei padri? Eccheggiano in me le parole di fuoco dei Vangeli: Portate i pesi gli uni degli altri. A ciascun giorno basta la sua pena. E infine la memoria del testo scritto sul ricordino di mio padre: “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in aggiunta”. La mia giustizia e la mia missione è evitare che il mio paese crolli sotto il peso di troppa liberalità ed egoismo. Si di questo sono convinto. Non posso firmare sebbene rischi il mio futuro.
Il provino è terminato. Lo sfortunato venditore si è alzato subito dopo di me. Ci stringiamo la mano
“Posso sperare di rivederla un’altra volta per continuare la conversazione?” domanda lui.
Si. Ma tra un po’. Magari quando saremo più liberi,… si, in pensione. Davanti a una buona tisana. A casa mia però. Il bar allora non potrò più permettermelo.

wiwesh.

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